Sisterhood racconta la storia di tre squadre di basket femminile che giocano nei campi di strada a Beirut (Campo di Shatila), a Roma e a New York. Racconti in soggettiva e riprese dei corpi in gioco mostrano come le protagoniste – con o senza il velo, nere o bianche, di quindici o quaranta anni – mettano quotidianamente in campo un’accesa e vitale sfida a stereotipi e discriminazioni di genere e sociali, riprendendosi lo sport.
Organizzi un festival, hai un piccolo cinema o teatro, vuoi vedere il documentario con la tua squadra di basket o con un gruppo di persone?
Ladies Who Hoop è un gruppo di donne differenti per età, etnia, classe sociale che condividono la passione per questo gioco praticato nei campetti di quartiere. Nella città per antonomasia più frenetica e dedita al profitto, queste donne hanno creato relazioni intense e trasmettono tutto questo alla squadra di bambine che allenano gratuitamente grazie al progetto da loro creato: Future Ladies Who Hoop.
Le Bulle, questo il nome della squadra che ha scelto di allenarsi all’interno di uno spazio occupato. Il loro motto è: non chiamateci mamme! Un gruppo di donne adulte che ha sentito il bisogno di creare una squadra femminile e che si auto-definisce femminista. Nata in maniera spontanea, vuole mandare un segnale politico in risposta al razzismo, al clima di violenza e oppressione e al retaggio della cultura cattolica così presenti oggi in una città come Roma.
Ragazze palestinesi tra i 16 e i 20 anni, nate nel Campo, e libanesi che vivono in città. Il bisogno di creare una squadra per sole donne in questo contesto è sicuramente più forte rispetto alle altre due squadre. In questa comunità fino a pochi anni fa non era concepito che una donna potesse fare degli sport che nell’immaginario collettivo sono considerati maschili e la cosa ancora più forte è aver creato un gruppo di sole donne non per imposizione religiosa e sociale ma per la loro volontà. Con la contraddizione che questo gruppo è nato grazie ad un uomo che ha scelto di dedicare la sua vita all’insegnamento dello sport alle nuove generazioni del Campo usando questo come mezzo di emancipazione e integrazione.
Sisterhood è il mio primo film. Questo progetto nasce da un punto di vista personale. La cultura di strada, che ha contribuito alla mia formazione tra film, arte e vita vera, ha suscitato in me l’interesse sui vari aspetti dell'aggregazione di gruppi femminili. Vivendo in prima persona l’inizio di un’attività sportiva in età adulta ho trovato interessante ricercare delle affinità, dei punti di unione con le altre realtà che mi sono trovata ad incontrare. Così prima di iniziare a filmare queste donne ho avuto l’occasione di conoscerle sul campo di gioco. Ed è stato inevitabile, dopo aver trascorso del tempo con loro, ho avuto la necessità di girare questo documentario. E così ho voluto tirar fuori tutta la forza della parola “Sista”.
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Dicono di Sisterhood